Amarone super star

In un mercato del vino che cambia rapidamente, il Veneto rappresenta oggi una certezza, non solo grazie alla performance straordinaria del Prosecco, ma anche a quella di vini presenti su segmenti di più elevato standing. In primis l’Amarone! Il Veneto rafforza la sua leadership tra le regioni italiane nell’export, tant’è che, preso singolarmente, il valore dell’export della regione supera da solo quello di interi paesi, come il Cile, gli Usa e l’Australia.
Alla crescita enologica del territorio ha contribuito di certo una maggiore qualificazione dei prodotti in termini di identità territoriale e di elevamento qualitativo. Questi risultati rispondono a loro volta a una maggiore professionalità e a un più mirato impegno della componente vitivinicola della regione. A sorreggere, tuttavia, gli sforzi dei produttori sono stati soprattutto i Consorzi, che in Italia sul piano delle iniziative di promozione e di marketing sono indubbiamente i più attivi.
In questo contesto si muove il Consorzio della Valpolicella, premiato recentemente a Merano dalla guida Vinibuoni d’Italia anche per l’attenzione che rivolge ai valori della sostenibiità ambientale con il progetto delle tre R: “Riduci Risparmia Rispetta”. Per la prima volta in Italia è un Consorzio di tutela a certificare, sotto il controllo di un ente terzo, la sostenibilità del processo produttivo anche in accordo con le amministrazioni locali. “Il marchio - sottolinea Olga Bussinello, direttore del Consorzio - rappresenta la certificazione del rispetto ambientale, con l’adozione di tecniche innovative in vigneto, e della tutela del paesaggio. Il progetto nel suo primo anno ha coinvolto 30 aziende e 500 ettari di vigneto, ma l’obiettivo è di arrivare a certificare il 60% della superficie vitata nei prossimi due anni. Teniamo molto a questo traguardo su cui in Europa si sta cimentando soltanto l’Austria”.
Il protagonista del territorio è l’Amarone, che presentato in anteprima a Verona conferma anche con l’annata 2013 un livello qualitativ elevato. Anteprima Amarone 2017 giunge alla sua 14° edizione e rappresenta tuttora l’elemeto di punta della denominazione veronese. Le 78 aziende che hanno aderito hanno avuto l’opportunità di presentare oltre 150 etichette, tra le quali una selezione di annate storiche, di cui ho apprezzato una generale positiva evoluzione, con alcuni bicchieri in grado di suscitare, specie nelle annate 2006-2008, emozioni per la capacità di integrare complessità, viva esuberanza, raffinata potenza, fierezza, fresca persistenza e propensione alla longevità.

Un vino, l’Amarone, che rafforza la scelta della guida Vinibuoni d’Italia nel sostenere le potenzialità dei vitigni autoctoni nel produrre vini di altissimo livello, su cui sempre di più si soffermano le attenzioni dei mercati internazionali, da quelli più evoluti a quelli emergenti. L’Amarone della Valpolicella è infatti il risultato di una combinazione non ripetibile altrove di interazione tra vitigni e ambiente, a cui si aggiunge una tecnica, l’appassimento, che nelle varietà autoctone della Corvina, del Corvinone, della Rondinella, porta alla sintesi di composti non presenti nelle uve fresche. “Tanti elementi tutti gestiti con scrupolo in vigneto e in cantina e codificati da un preciso disciplinare di produzione, che - come dice il presidente del Conzorzio, Cristian Marchesini - portano a un vino assolutamente unico a livello mondiale. Ciò che ancor più arricchisce di fascino e attese questo vino è ciò che la ricerca scientifica ha evidenziato negli ultimi anni, ma che era già stato colto dalla gente del Valpolicella. Le uve Corvina e Corvinone infatti, molto più delle varietà internazionali, nel corso dell’appassimento si arricchiscono di molecole dal grande valore salutistico e nutraceutico, tra le quali la più nota è il resveratrolo. Non solo. Nel corso della messa a riposo nelle uve avviene anche la sintesi di composti aromatici (come norisoprenoidi e terpeni) alcuni dei quali non presenti nelle uve fresche.”

Tra le novità di questa Anteprima Amarone, anche il debutto del calice "istituzionale", infatti una commissione di esperti ha selezionato un modello ad hoc che ne esalta l’espressione.

L’Europa è la penisola occidentale dell’Asia, fondata sul vino

Philippe Daverio e il giornalista Andrea Scanzi hanno dialogato ad Anteprima Amarone sul parallelo tra opere d’arte, icone di stile e Amarone. La prolusione di Philippe Daverio parte tuttavia da una riflessione geo-antropologica. Nel linguaggio europeo un’unica parola accomuna nelle sua radice tutte le lingue del vecchio continente: il vino. Ecco dunque che l’Europa diventa “… la penisola occidentale dell’Asia, fondata sul vino”. Partendo comunque dal tema dell’incontro, ovvero dal binomio vino e arte, Daverio sostiene: “… l’Italia è intimamente barocca, vive da sempre all’insegna del “chi più ne ha più ne metta”, e questo vale per l’architettura come per la burocrazia. Ecco, l’Amarone in questo senso è forse uno dei vini più barocchi d’Italia; è tutto quello che è leggermente troppo, perché è un troppo che a noi non basta mai”.
Parole in libertà quelle di Daverio, che tuttavia vanno diritte al cuore dei problemi, quando, con un pizzico d’ironia, rivela “Avevo proposto di trovare per l’Italia un Ministro dei Beni Culturali che arrivasse dal mondo del vino, che avesse dimostrato di saper concretizzare il rapporto tra creatività, prodotto e progetto, che poi è la stessa triade che sta alla base della cultura. Il vino italiano questo l’ha fatto… Il vino è il simbolo di un progetto culturale anche redditizio… e in Valpolicella, come in altri territori, la redditività del vino è stata fondamentale perché i produttori rimanessero e investissero preservando il nostro bel paesaggio e scommettessero sulla bellezza”.
E qui Daverio, con intelligente acume, ripete quello che spesso Vinibuoni d’Italia ha raccontato ai produttori. “Secondo me - continua Daverio - ci sono dei settori in cui l’Italia è imbattibile nel mondo, e uno di questi è il cibo, in cui il vino, in pochi anni, ha giocato un ruolo importantissimo, guidando la crescita e la scommessa sulla qualità. Ma il vino italiano deve imparare a raccontarsi, soprattutto in mercati nuovi che di vino sanno pochissimo, come la Cina. In questo senso, voi produttori di vino dovete essere un po’ dei nuovi evangelisti del bello e del buono che producete”.

Anteprima Amarone

Il disciplinare di produzione dei vini DOCG “Amarone della Valpolicella” all’articolo 11 recita:
"(...)i vini "Amarone della Valpolicella" prima della immissione al consumo devono essere sottoposti ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni con decorrenza dal 1° gennaio successivo all'annata di produzione delle uve".
Pertanto...pertanto... gli Amaroni prodotti con le uve raccolte nel 2012 potevano essere immessi al consumo dal 1 gennaio 2015. Siamo nel gennaio 2016 e siamo andati all’Anteprima Amarone 2012 dove ben 44 vini, su 77 in degustazione, erano ancora da imbottigliare. C’è qualche cosa che non torna. Ne parlavo con il presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Christian Marchesini. Conveniva su questa discrasia e affermava la propensione, per la quasi totalità delle aziende, ad allungare i tempi di affinamento per permettere a questo cavallo di razza di smussare gli spigoli e puntare all’armonia. Forse varrebbe la pena di cambiare il disciplinare? Mi diceva che ne è stato discusso in consiglio e che non sarebbe una cattiva idea farlo. Ma ora veniamo a questa annata 2012. Annata partita con una primavera umida, un'estate caldissima, un autunno fresco e poi tanta pioggia. Annata capitale che ha segnato il cambio climatico con imprevedibilità stagionali. Un’annata in cui le viti hanno dovuto subire stress sia per la pioggia che per il caldo. Parlando con Daniele Accordini, il mio enologo di riferimento per la Valpolicella, mi spiegava che è stata un’annata più di concentrazione che di sintesi. La vite ha bisogno di sintesi per dare il meglio. L’agosto caldissimo ha fatto si che le piante si siano chiuse in se stesse e abbiano concentrato gli alimenti con un aumento di acidità e zuccheri. Tutto questo l’ho riscontrato all’assaggio, alla cieca, in quasi tutti i 77 campioni. Ho notato una propensione ad avere Amaroni sempre meno “cicciottosi” e sempre più scattanti e croccanti. Non culturisti ma ginnasti. Meno musica barocca e molto, ma molto, jazz. In complesso la qualità è superiore al 2011 anche se molti vini hanno ancora bisogno di riposare, di affinare, di crescere. Ho notato ancora, in molti, la non completa concordanza tra naso e bocca. Difetto di gioventù. Son certa che tra 6 o 12 mesi tutto questo non ci sarà più. Un consiglio? Acquistare ora l’Amarone che più ci piace e aprirlo, minimo, per Natale 2016.

Liliana Savioli