Pigato principe di Ponente

L’arco geografico della Liguria è stretto tra il mare e le montagne che cadono a ridosso del perimetro costiero. La morfologia del territorio condiziona il clima e regala alla regione una ricca varietà vegetativa e di coltivazioni. Infatti nella zona costiera, pini marittimi, agavi, palme, antichi borghi suggestivi contrastano, forti della loro solenne e indomita storia, gli insediamenti abitativi che hanno ubbidito alla selvaggia speculazione edilizia degli anni settanta; poi, man mano, salendo verso la collina questi cedono il posto a boschi di castagni e faggi a loro volta sostituiti, ad altitudini maggiori, da distese di pini, abeti e larici.

La zona collinare, quella dell’immediato entroterra, la più tipica della Liguria, è ricoperta dagli olivi e dalla vite e il paesaggio è movimentato dalle “fasce”, le tipiche terrazze coltivabili alla cui realizzazione si sono dedicati nei secoli gli agricoltori e i vignaioli della regione.

È su queste terrazze che la Liguria vanta la sua gelosa e secolare tradizione vitivinicola. Il ritrovamento di alcuni antichi documenti permette di affermare con certezza l’esistenza e la coltivazione della vite già durante l’Impero romano. La coltivazione venne incrementata decisamente durante tutto il Medio Evo e già allora erano due le aree significative per la qualità delle loro produzioni: la zona intorno a La Spezia, ovvero le Cinque Terre e la Riviera di Ponente.

Produzioni piccole e di piccoli produttori che non si sono mai fatti ammaliare dalle modaiole tentazioni di introdurre nel territorio vitigni internazionali, ma hanno preservato, più che altrove, le antiche coltivazioni di vitigni, che permettevano di creare quella cuvée locale che andava sotto l’affettuoso nome di Nostralino. In versione rossa o in versione bianca, il Nostralino nella tradizione contadina ligure rappresentava il vino frutto dell' assemblaggio di tutte le varietà di uva presenti nel vigneto. A Ranzi, frazione di Pietra Ligure, sul panoramico Colle della Madonnina, in una conca naturale immersa nel verde e nella quiete della campagna, si svolge la tradizionale “Sagra del Nostralino”. Si tratta di una delle prime sagre campestri liguri, che richiama frotte di turisti e di buongustai alla ricerca di antichi sapori. Nel Nostralino convergevano varietà di vitigni tuttora presenti, come l’Albarola, il Bosco, il Vermentino, la Bianchetta genovese, lo Scimiscià, la Lumassina, la Granaccia Ligure, la Pollera Nera, il Rossese di Dolceacqua, l’Ormeasco, il Vermentino e il Pigato.

Il suo nome deriverebbe dal termine dialettale “pigau”, che indica la macchiolina color ruggine presente sugli acini maturi. Il nome tuttavia potrebbe derivare dal latino picatum, che indicava i vini aromatizzati degli antichi Romani.

Le origini rimangono comunque incerte, sebbene oggi si sia propensi a credere che il Pigato abbia natali in Grecia; ipotesi molto probabile vista la storia di molti vitigni italiani. La sua importazione appare comunque più recente, infatti, contrariamente alla tradizione, sarebbe arrivato dalla dalla Tessaglia solo nel 1600 come sottotipo del Malvasia.

La documentazione piu antica risale al Bollettino Ampelografico del 1883 che lo indica come molto coltivato nella zona di Albenga, e in misura minore in Val d’Arroscia, in provincia di Imperia: zone che oggi sono il maggiore habitat di coltivazione del Pigato.

Fedele espressione del territorio, il Pigato non si piega solo alle variazioni climatiche, ma interpreta anche la diversa composizione dei suoli. Sulle terre bianche, ricche di calcare, il Pigato sfoggia maggior finezza e freschezza, mentre sulle terre rosse, in presenza di componenti ferrose, acquista maggior corpo e una marcata vena minerale.

Le uve Pigato permettono interpretazioni diverse.

Le versioni fresche e giovani ci portano ad apprezzare un bicchiere caratterizzato dai profumi della macchia mediterranea e note fruttate in cui spicca la pesca bianca. La bocca mette in bilancia armonia, freschezza, equilibrio e sapidità con richiami alla mandorla su finale per lo più persistente.

Interessanti alcune versioni che mettono in evidenza anche il potenziale d’invecchiamento, che nei casi più interessanti lasciano che il Pigato sviluppi interessanti sentori terziari di resina di pino marittimo e idrocarburo; più complessi e di maggior struttura, spesso anche grazie a macerazioni sulle bucce o parziale affinamento in legno.

La versatilità del Pigato ci porterà anche alla sua declinazione in bollicine ottenute con Metodo Classico, vedi il millesimato di VisAmoris e le versioni proposte da Durin, invecchiate nelle grotte di Toirano.

Infine, le versioni passite si propongono con un piacevole equilibrio tra dolcezza e acidità.

Non perdetevi il Pigato Selezione Bon in da Bon 2015 di Bio Vio, che già buono ora, darà il meglio di sé; quando i suoi profumi secondari, di pesche e mandorle, vireranno su note idrocarburiche, uniche e ammalianti. Provate la brezza del mare che traspira dalle bottiglie del Pigato Cycnus 2015 di Poggio dei Gorleri, nel cui bicchiere potrete apprezzare profumi di frutta, agrumi e fiori bianchi che ritroverete in successione in un assaggio fresco ed equilibrato, di viva sapidità.

Per la vostra permanenza e i vostri tour due i punti di riferimento:

Poggio dei Gorleri

Via San Leonardo – Frazione Gorleri

181013 Diano Marina - Sv

www.gorleriwineresort.com

Bio Vio – Agriturismo del Pigato

Via Crociata 24

17031 Albenga

www.biovio.it

Presso queste strutture, che affiancano le omonime cantine, il Pigato si fa regale avendo ottenuto dalla guida Vinibuoni d’Italia i massimi riconoscimenti.