Al via Vinibuoni d'Italia 2022

Anche in questo momento difficile per il mondo del vino, la guida Vinibuoni d'Italia sarà presente per continuare il proprio lavoro di promozione del vino italiano.

Per questo le 27 commissioni regionali sono già all'opera per la degustazione e la selezione dei vini che verranno recensiti nell'edizione 2022.

Dopo l'invio della richiesta campioni a tutte le aziende presenti nel nostro database, i nostri coordinatori regionali organizzano la raccolta dei campioni e le sessioni di degustazione, che variano da regione a regione. Come sempre i vini vengono degustati a bottiglia coperta e in batteria.

A livello regionale i punteggi vanno da 1 stella ad un massimo di 4 stelle. Tra i vini che hanno ottenuto le 4 stelle saranno selezionati i vini finalisti che verranno degustati dalle commissioni nazionali della guida che raggruppano i coordinatori regionali.
Anche durante le finali i vini saranno degustati a bottiglia coperta e in batteria. In questo caso il coordinatore regionale non degusterà i vini provenienti dalla sua regione di competenza.

I vini che riceveranno più voti otterranno la Corona, ovvero il massimo riconoscimento della nostra guida, mentre agli altri verrà attribuito il prestigioso premio della Golden Star.

Invitiamo le aziende che non abbiano ricevuto la scheda di richiesta campioni o che non facciano ancora parte del nostro database a contattare la redazione, per avere le informazioni necessarie qualora volessero inviare la campionatura dei propri vini.

 

Redazione Vinibuoni d'Italia
tel. 0173 95699
info@vinibuoniditalia.it

Presentazione di Vinibuoni d'Italia 2018

Merano Winefestival 11 Novembre - Teatro Puccini ore10,30

Si rinnova l'annuale appuntamento al Merano Wine Festival con la premiaizone dei produttori che hanno vinto la Corona, il massimo riconoscimento che la guida Vinibuoni d'Italia attribuisce a quei vini che meglio interpretano la tipologia per le qualità organolettiche espresse, per la corrispondenza al vitigno e per l’affinità con le condizioni pedoclimatiche in cui nascono i vitigni da cui vengono prodotti.

Un riconoscimento attribuito dopo due diverse selezioni, la prima a carattere regionale in cui vengono scelti i finalisti che rappresentano l'eccellenza, e una seconda a livello nazionale.

I vini arrivati a Finale per l’edizione 2018 sono stati 672 e di questi hanno raggiunto la CORONA 415

A votarli 21 coordinatori regionali della guida suddivisi in 3 commissioni di sette delegati. Per passare a corona i vini hanno dovuto aggiudicarsi l’indice di gradimento di almeno 5 commissari. Pertanto la selezione è risultata molto severa. Ciò nonostante il 61,75% ha raggiunto il massimo riconoscimento, seguito dall’attribuzione della GOLDEN STAR a 257 vini, che ritraggono a loro volta l’espressione del vitigno e del territorio di appartenenza.

Durante la premiazioni saranno assegnati anche altri prestigiosi premi, quali il premio Ecofriedly alle aziende più virtuose dal punto di vista ecologico, il premio Eticorcok per il progetto più etico, il premio D'Innella riservato ai giornalisti, il premio Sparkling Star attribuito dal pubblico di Vinitaly ai migliori spumanti italiani.

Dopo la premiazione, ci sarà una degustazione straordinaria con tutti i 672 vini premiati. Un'occasione davvero unica per poter degustare l'eccellenza vinicola italiana.  A rendere ancora più ghiotta la degustzione saranno gli abbinamenti gastroniomici con i Salumi Levoni e il Grana Padano Dop.

Enoteca Italia al Merano Winefestival

La guida Vinibuoni d’Italia continua le iniziative promozionali già intraprese con successo negli scorsi anni, riproponendo anche a Merano il suo impegno nel valorizzare i vini da vitigni autoctoni italiani.

Nella prestigiosa cornice del Kurhaus, il firmamento si arricchisce dei vini stellati che brillano nel grande banco degustazione di Enoteca Italia.

Operatori e winelover infatti potranno degustare ed apprezzare 320 etichette tra vini da vitigni autoctoni e spumanti Metodo Classico provenienti da tutte le regioni italiane.

Giunta alla quindicesima edizione, la guida Vinibuoni d’Italia promuove il made in Italy del vino proponendo in degustazione in Enoteca Italia vini noti e blasonati, ma anche tipologie rare e meno conosciute, degne di essere apprezzate per l’eccellente qualità dimostrata dai produttori.

Enoteca Italia porta dunque in scena una rassegna di vini italiani del tutto eccezionale, poiché in un solo spazio sarà possibile apprezzare un numero elevato di vini rappresentativi del prezioso ed immenso mosaico vitivinicolo che il mondo intero ci invidia. Un vero e proprio patrimonio per l’Italia, riconosciuto universalmente per tipicità e qualità, espressione della più grande biodiversità del mondo.

Enoteca Italia rappresenta inoltre l’eccezionale opportunità per i produttori selezionati dalla guida di promuovere il meglio delle loro etichette nel prestigioso parterre del Merano WineFestival.

Enoteca Italia è strategicamente collocata lungo il red carpet che collega il Kurhaus alla GourmetArena.

Per la degustazione dei vini occorre accreditarsi presso lo stand Vinibuoni d’Italia, quindi richiedere i vini consultando l’apposito catalogo o affidandosi al personale della guida per avviare un interessante percorso di degustazione.

CATALOGO ENOTECA ITALIA - MERANO 2017

 

Barbera, Il vino che svela il Monferrato

 

La prima citazione della Barbera appare in un documento catastale del 1512 del comune di Chieri, nei pressi di Torino. Circa 100 anni dopo, nel 1609, in una lettera rinvenuta nell’Archivio Comunale di Nizza Monferrato, risulta che vennero inviati “nel Contado di Nizza de la Paglia appositi incaricati per assaggiare il vino di questi vigneti, e in particolare lo vino Barbera per servizio di S.A. Serenissima il Duca di Mantova e di pagargli al giusto prezzo”.

Il silenzio di secoli si interrompe quando nel 1873, nei trattati di ampelografia di Leardi e Demaria a proposito della Barbera, si legge “… È vitigno conosciutissimo ed una delle basi principali dei vini dell’Astigiano e del basso Monferrato, dove è indigeno e da lunghissimo tempo coltivato…”.

Quando nel XIX secolo, con la nascita della piccola proprietà contadina, la viticoltura prese grande impulso in Piemonte, il vitigno Barbera venne scelto perché si trattava di un’uva che produceva in

modo regolare con una buona resa in mosto; forniva vini piuttosto alcolici e colorati, in più l’elevata acidità fissa facilitava la conservazione del vino.

Nizza Monferrato e il suo circondario furono l’area dove il vigneto di Barbera venne coltivato in purezza varietale, mentre nelle altre aree del Monferrato e del Tortonese era più frequente il vigneto “misto” e nelle Langhe e nel Roero, pur essendo ben presente, era superato per superficie dal Nebbiolo e dal Dolcetto.

Alla fine degli anni ‘80 l’anima della Barbera, quella d’Asti e del Monferrato, esplose grazie a un grandissimo personaggio: Giacomo Bologna, il vignaiolo genio che trasformò la Barbera togliendole la patina plebea per sollevarla a vino di pregio. Quando l’Italia del vino fu messa in ginocchio dallo scandalo del metanolo, comprò una pagina su La Stampa, non per farsi pubblicità. Fece solo scrivere, come uno slogan su un muro: “W la Barbera”.

Il resto è storia recente. L’innalzamento della qualità fu perseguito attraverso il miglioramento delle tecniche di vigneto, la selezione clonale, la riduzione delle rese per favorire una più alta qualità, la scelta oculata della data di vendemmia. In cantina, le nuove tecnologie favorirono il controllo della fermentazione malolattica, il cui meccanismo non era conosciuto fino a qualche decina di anni fa, per cui il vino fu reso più morbido al palato; infine l’affinamento in botti di legno di rovere e in barrique innalzò il vino ai piani nobili.

La Barbera non è un vitigno “cosmopolita”, infatti fornisce le sue migliori performance enologiche, con vini di corpo, struttura e complessità, nella fascia collinare del Piemonte compresa tra la pianura del Po a nord e gli Appennini a sud, e in Lombardia nella zona dell’Oltrepò Pavese.

Il vitigno predilige esposizioni calde e soleggiate e terreni calcarei piuttosto ricchi di limo e argilla e carbonati.

L’area di coltivazione piemontese coincide con il vasto comprensorio collinare noto ai geologi come bacino terziario piemontese, originato dal sollevamento del letto del mare, e la concentrazione maggiore

la troviamo nel Sud Astigiano, tra Tanaro e Belbo (Nizza, Vinchio, Agliano, Costigliole…) con prevalenza della Docg Barbera d’Asti, e, con minore intensità, ma sempre come vitigno principale, a Nord del Tanaro (Nord Astigiano e Monferrato Casalese) con le denominazioni Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato.

Il vitigno lo troviamo anche molto diffuso nelle Langhe e nel Roero con la Doc Barbera d’Alba, con il nome Barbera preceduto dal territorio nelle Doc Colli Tortonesi, Colline Pinerolesi, Colline Torinesi, Colline Novaresi, Canavese, Piemonte e, senza citazione del nome del vitigno, nella composizione delle seguenti Doc: Rubino di Cantavenna, Gabiano, Alba, Coste della Sesia Rosso, Langhe Rosso e Monferrato Rosso. La Barbera è dunque uno dei vitigni più rappresentativi del Piemonte e interessa circa il 35% dei 53.000 ettari di superficie vitata della regione.

Nessun tipo di rovere o di contenitore può sostituirsi alla qualità dell’uva e tanto meno al vigneto, perché finalmente i vignaioli hanno imparato che proprio dal vigneto trae origine la qualità che caratterizza il millesimo di quel vino. Oggi la carta d’identità di un vino di eccellenza è molto complessa, ma, oltre alle caratteristiche organolettiche intrinseche al vino, si chiede che alle spalle abbia un territorio ben definito, una storia importante e la testimonianza che abbia fatto parte della cultura della civiltà contadina.

La Barbera possiede tutte queste caratteristiche e le manifesta soprattutto in quel territorio che nell’Astigiano e nel Monferrato, oggi, è per buona parte patrimonio dell’Unesco.

Oggi la Barbera rappresenta senza dubbio, e forse più di ogni altro vino, un prodotto in continua evoluzione, che cresce seguendo le nuove conoscenze in campo viticolo ed enologico e che, per qualità e numeri, può essere proposto a un pubblico contemporaneamente curioso, esigente e vasto. Ottenuta la Doc nel 1970, a pieno titolo è considerata tra i più importanti vini rossi italiani e conquista crescenti consensi a livello internazionale, perché trova interpretazione in una ricca gamma di vini, contraddistinti da stili ben definiti: quelli che non subiscono alcun passaggio in botti di legno, per non perdere le caratteristiche primarie; quelli che maturano in botti di grandi dimensioni, per migliorare in complessità nel rispetto della tradizione; quelli che si completano con un passaggio in piccole botti di rovere, acquisendo stoffa ed eleganza, rivolte a un gusto più internazionale.

Ci sono sfumature differenti che caratterizzano la Barbera d’Asti in base ai territori e ai vigneti di origine e alle tecniche di vinificazione. Alcuni caratteri comuni sono il colore rosso rubino, particolarmente intenso nelle tipologie Superiore, tendente al granato con l’invecchiamento. Il profumo è vinoso ed è marcato il frutto: la ciliegia, la prugna, le bacche scure, che evolvono in sentori di confettura e frutta sottospirito, quindi note più o meno intense balsamiche, speziate e talvolta floreali; con la maturazione in legno sviluppa sentori di cannella, cacao e liquirizia. Al gusto risulta piena, l’impatto in bocca è di grande immediatezza, calore e armonia. La vena acidula tipica del vitigno, che nelle vinificazioni moderne è equilibrata e non eccessiva, le conferisce freschezza e grande facilità di abbinamento con il cibo. L’affinamento regala complessità e ricchezza di tannini dolci e vellutati e una lunga persistenza gusto-olfattiva. La Barbera d’Asti Superiore è ottenuta da attente cure e selezioni delle uve in vigneto ed è affinata in cantina per un periodo minimo di dodici mesi, durante il quale deve trascorrere almeno sei mesi in botti di legno, completato da un periodo di maturazione in bottiglia. Si tratta di vini molto longevi, che si apprezzano anche dopo dieci anni di permanenza in bottiglia.

Il Nizza Docg, ottenuto al 100% con sole uve Barbera, gode della specifica denominazione territoriale garantita dal dicembre 2014; prevede anche la dicitura Riserva. In base al disciplinare può esserci anche la menzione della vigna seguita dal relativo toponimo, con rese medie di 6,3 tonnellate ad ettaro contro le 7 della menzione riserva.

La Doc Monferrato che accompagna la Barbera è la più estesa: comprende le aree collinari viticole della provincia di Asti e tre comprensori viticoli (su cinque) di quella di Alessandria, che fanno capo alle tre cittadine di Acqui, Casale Monferrato e Ovada. Il disciplinare di produzione prevede oltre al vitigno Barbera il possibile impiego di altri vitigni, Freisa, Dolcetto o Grignolino, fino a un massimo del 15%. Ne esiste una versione tradizionale vivace, cioè leggermente effervescente, da consumare giovane. C’è poi la versione più austera della Barbera del Monferrato, la Superiore che, come la Barbera d’Asti, è un vino Docg dal 2008. Il disciplinare prevede un periodo di affinamento in botti di rovere, piccole o grandi. Nella maggioranza dei casi può essere frutto di Barbera in purezza o di assemblaggio con un massimo del 15% di Freisa (utilizzata nel Monferrato Casalese), Dolcetto (impiegato nell’Alto Monferrato) o Grignolino.

La Barbera può essere vino da tutto pasto, completa e soddisfacente in ogni occasione. Se affinata e strutturata sposa particolarmente bene i secondi piatti quali gli arrosti, il coniglio, il fritto misto e i formaggi a pasta dura dal gusto potente; più giovane, esalta oltremodo anche i tradizionali minestroni piemontesi (da quello di ceci e costine di maiale a quello di fave) e le polente tipiche, che caratterizzano la ‘cucina povera’ astigiana.

Una giovane Barbera è inseparabile dal piatto, che per antonomasia, racconta il Piemonte, ovvero la bagna caôda, ma anche con l’insalata di carne cruda di fassone piemontese, con i peperoni scottati alla fiamma, i fiori di zucchino ripieni; il cardo gobbo di Nizza con fonduta; tra i primi piatti gli agnolotti quadrati e quelli del plin; tra i secondi, il fritto misto piemotese, il bollito (con vari tagli di carne bovina piemontese compresa la testina).

Le suggestioni turistiche del Monferrato sono in grado di mescolare un paesaggio di dolci colline con testimonianze storiche di prima rilevanza, città di grande fascino e piccoli insediamenti dominati da castelli. Il Monferrato, infatti, terra ricca di storia e di tradizione, coniuga un paesaggio in gran parte integro nei suoi caratteri originali. Per ammirarlo e gustarlo al meglio, la Strada del Vino del Monferrato Astigiano (www.stradadelvinomonferrato.it) propone una serie di itinerari, attività ed eventi; un’ottima occasione per fermarsi qualche giorno sul territorio, scegliendo tra B&B, agriturismi, Relais…  Il mio consiglio vi porta a scoprire la pace, il relax e il confort di Tenuta Montemagno Relais&Wines.

 

Tenuta Montemagno Relais&Wines

Via Cascina Valfossato 9, 14030 Montemagno AT

Tel.0141 63624

www.tenutamontemagno.it

 

Vinibuoni d’Italia a Vinitaly

Scarica il catalogo dei vini presenti in Enoteca Italia a Vinitaly

La guida Vinibuoni d’Italia continua le iniziative promozionali già intraprese negli scorsi anni, riproponendo a Vinitaly 2017 il suo impegno nel valorizzare i vini da vitigni autoctoni italiani.

Vinibuoni d’Italia si conferma dunque nella più importante fiera italiana dedicata al vino come essenziale punto di incontro per chi desidera conoscere l’autentico patrimonio enologico italiano, che fonda la cultura nei territori d’origine e nei vitigni. Infatti, unica nel settore, la guida consente di dare risalto alle specifiche e inimitabili identità vinicole territoriali della Penisola. Quest’anno a Vinitaly il firmamento si arricchisce di nuovi vini stellati e premiati che onorano il grande banco degustazione di Enoteca Italia.

Operatori e winelovers infatti potranno degustare ed apprezzare 364 vini provenienti da tutte le regioni italiane. Un flusso di visitatori che di anno in anno è aumentato, perchè Enoteca Italia porta in scena una degustazione del tutto eccezionale; una sintesi del meglio dell’enologia italiana proveniente da vitigni autoctoni.

Difficilmente esiste un’occasione così ghiotta per apprezzare in unico spazio un numero così elevato di vini rappresentativi del prezioso mosaico vitivinicolo che il mondo intero ci invidia. Un vero e proprio patrimonio per l’Italia, riconosciuto universalmente per tipicità e qualità, espressione della più grande biodiversità del mondo.

Per la degustazione dei vini occorre accreditarsi presso lo stand Vinibuoni d’Italia, quindi richiedere i vini indicando il numero di codice contrassegnato sul catalogo.

Quest’anno presso lo stand ci sarà il collaudato appuntamento con APERÒ, laboratorio di degustazione di quattro tipologie di Salumi Levoni con quattro diversi vini autoctoni selezionati.

Un nuovo percorso di degustazione sarà dedicato a Grana Padano Dop: 3 stagionature 3 grandi sapori con abbinamenti precisi del formaggio italiano più diffuso al mondo ai vini proposti dalla guida Vinibuoni d’Italia .

Ad affiancare nel servizio  i coordinatori di Vinibuoni d'Italia quest'anno ci saranno alcuni studenti della Scuola Alberghiera del'IIS Giolitti Belisario Paire di Barge

Galeotta fu la Falanghina

Come scriveva tempo fa Luciano Pignataro nella sua guida ai vini del Sannio: “Benevento  è la dispensa del vino campano: questa magnifica provincia, ricca di verde e facile da percorrere in lungo e in largo, produce da sola oltre la metà del prodotto Doc e Igt”.  

Una dispensa sì - condivido - , ma certamente anche uno scrigno prezioso di prelibatezze enoiche e gastronomiche che ho avuto modo di conoscere e gustare direttamente in un mio recente viaggio nel Sannio.

Galeotta fu la Falanghina, che non annoverando alcuna corona nell’edizione 2017 della guida Vinibuoni d’Italia, ha invogliato una produttrice, Mariateresa De Gennaro titolare con il marito Piero dell’azienda Rossovermiglio, ad invitarmi in loco per approfondire meglio il mondo in cui il vitigno nasce. Un invito condiviso dal Consorzio di tutela dei vini del Sannio che mi ha onorato di una guida speciale, Carlo Pasquale, che non solo conosce ogni zolla del territorio, ma ha saputo svelarmelo con passione e dovizia.

Il paesaggio del Sannio Beneventano ha qualche cosa di magico. Uno sguardo alla Dormiente, ovvero il massiccio calcareo del Taburno quasi isolato nella sua imponenza dall’Appennino campano, dà un senso di antica autorevolezza, ma anche un’aura di protezione estesa ad una regione dalla lindezza svizzera che poco ha a condividere con gli stereotipi con cui spesso si dipinge la Campania.

Una montagna solenne che suscita rispetto ed evoca le glorie storiche del popolo Sannita nelle epiche lotte ingaggiate da Roma per domare sotto il suo gioco una popolazione irriducibile e orgogliosa della propria libertà.

Oggi il Sannio vive la sua viticultura nel segno di una consolidata tradizione contadina e con una attiva presenza di imprenditori di settore che esaltano la vocazione del territorio. La visione del futuro poggia sul vissuto quotidiano dove storia e cultura si mescolano in un paesaggio naturale e rilassante.

La storia è parte di questa cultura ed è consolidata dai ritrovamenti effettuati che permettono di affermare che la coltivazione della vite nella provincia di Benevento ha origini antiche risalenti al II secolo a.C.
 Infatti nel paese di Dugenta è stato ritrovato un imponente deposito, con relativo forno di produzione, di anfore utilizzate per la conservazione ed il commercio del vino. Gli studiosi non hanno dubbi nell’affermare che questa fabbrica di anfore aveva stretta attinenza con la produzione e il commercio del vino, che serviva a soddisfare non solo la richiesta locale, ma anche quella di altre popolazioni.


Le emozioni della storia hanno accompagnato in ogni sito il mio viaggio, arricchite ogni volta da testimonianze tuttora vive, come gli antichi torchi risalenti al ‘500, le tradizionali vetuste masserie in pietra ristrutturate e restaurate, capaci di unire antichissime glorie all’attualità. Un’attualità di produttori intraprendenti sempre di più attenti al biologico e protagonisti di progetti di ricerca e di sperimentazione. Proprio quello che oggi deve rappresentare il vino italiano nel contesto del mercato globale: qualità del prodotto, ma soprattutto la correlazione del vino con i valori “immateriali” che questo sa raccontare grazie alla sua unicità, identità e rarità.

Qui, nel Sannio, i vigneti si colorano di storia e ogni versante diventa testimone della biodiversità che intercorre da una zona all’altra. Le vigne si fanno racconto di cultura, come depone quella vigna centenaria ubicata in contrada “Pantanella”, dove la Cantina del Taburno raccoglie le uve per il Bue Apis, vino prodotto esclusivamente con bacche di Aglianico amaro, l’antico clone originario.

Altrove i filari ci invogliano a ricordare uve antiche come l’Agostinella, la Barbetta, il Sommarello, lo Sciascinoso, il Grieco, la Malvasia, l’Olivella, il Carminiello, la Palombina.. le cui specie - non tutte - ritroviamo nel vigneto didattico dell’Antica Masseria Venditti di Castelvenere, risalente al 1595. Qui, la sosta conviviale della sera, ha portato in tavola, nei piatti di tradizione cucinati dalla signora Enza Verrillo, moglie di Nicola, il gusto e l’evocazione di un rituale ecumenico benedetto dalla sacralità del cibo.

In questa opera disegnata dall’uomo in collaborazione con la natura, la bianca Falanghina, unitamente alla vigorosa e possente intonazione dell’Aglianico, è vino soprano che gorgheggia autoctono.

Falanghina perchè?

L’origine del vitigno, come per molte varietà del sud Italia, viene fatta risalire alla colonizzazione greca. La Falanghina è diffusa un po’ ovunque nelle regione Campania, tuttavia le zone più vocate si trovano nel Sannio e nell’area vulcanica dei Campi Flegrei. Diversi i cloni, differenti per forma e per dimensione, ma molto simili per caratteristiche organolettiche.

Una prima interpretazione individua la Falanghina come figlia del Falerno Bianco, antico vino campano già conosciuto al tempo degli antichi Romani. Il suo nome deriverebbe pertanto dalla radice Falerno o Falernina.

Altra ipotesi, invece, fa derivare il nome dalla parola falanga, antico sinonimo dei pali utilizzati per sostenere le viti.

Negli ultimi decenni, la Falanghina ha abbandonato il ruolo secondario che le veniva attribuito, per affermarsi come una delle varietà a bacca bianca più apprezzate della Campania. La coltivazione con basse rese, le vinificazioni sempre più accurate, ne hanno fatto un vino di buona personalità.

La Falangina del Sannio Doc viene declinata nelle sottozone di Solopaca, Guardiolo, Taburno e Sant’Agata dei Goti. Il clima fresco del territorio, con escursioni termiche, piuttosto decise, l’origine vulcanica dei suoli ricchi di minerali donano al vino un profilo elegante, con piacevole freschezza e sapidità finale.

Ed è così che si sono presentati i calici degustati all’Enoteca comunale di Castevenere, sotto la guida di Carlo Pasquale e in collaborazione con il mio coordintore Andrea de Palma. Vini, che negli stili diversi dei produttori e con le più o meno marcate influenze pedoclimatiche delle aree di provenienza, hanno accomunato un profilo sensoriale dove il profumo era dominato da note fruttate di mela e frutti esotici; richiami floreali di ginestra e di biancospino; vini piacevoli e freschi di acidità, sostenuti da uno scheletro portante sempre dritto.

Ma la sorpresa è arrivata dalla versione 2008 “Facetus” dell’azienda Fontanavecchia di Orazio e Libero Rillo, che si è espresso al naso con un complesso bouquet olfattivo, con richiami di albicocca essiccata e frutta candita; fine la struttura muscolare e insistente la freschezza corroborata da lunga persistenza. Qui la Falanghina ha dimostrato di saper integrare a meraviglia le componenti fruttate e varietali con quelle terziarie.

E’ dunque verità il claim elaborato dal Consorzio “Nel Sannio coltiviamo emozioni”. Ne ho avuto riprova dai commenti favorevoli della mia coordinatrice Piera Genta, che ha partecipato a metà marzo al wine-tour promosso appunto da Consorzio, che ha dato l’opportunità ad importanti giornalisti del settore di scoprire il ricco territorio viticolo sannita e degustarne la variegata produzione enologica, con un’attenzione particolare rivolta alla gastronomia, alle bellezze paesaggistiche ed architettoniche e alle ricchezze artigianali. Un modo per fare sistema, con il vino volano di promozione turistica.

Ora bisogna insistere nella comunicazione per portare questo tassello del ricco mosaico enologico italiano agli onori che merita.

Ben vengano, in questo senso, personaggi appassionati e competenti come Mariateresa De Gennaro, che richiedendo un confronto con la guida Vinibuoni d’Italia, di fatto ha avvertito la necessità di far comprendere più fondo il territorio e con esso le potenzialità della Falanghina, della cui varietà il suo vino rappresenta interpretazione autentica.

Poichè il vitigno Falanghina è utilizzato in molte altre Doc della Campania, sia in purezza, sia in assemblaggio con altre uve a bacca bianca autoctone - Falerno del Massico Bianco Doc, Campi Flegrei Doc, Costa d’Amalfi Doc, Penisola Sorrentina Doc, Capri Doc, Galluccio Doc e Vesuvio Doc – ecco che il vino che ne deriva può diventare il volano e il file rouge di un tour enogastronomico decisamente affascinante in giro per la Campania.

A Benevento non perdetevi la cucina casalinga e storica di Nunzia. La genuinità dei piatti che si ripetono da anni, la semplicità della sala, il piacere dimostrato della proprietaria di sedersi a tavola con te per scambiare una piacevole chiacchierata, sono solo alcuni degli elementi che fanno di Nunzia un luogo unico. Gustatevi la tradizione con il suo Cardone (brodo di pollo con cardi e polpettine), con gli insuperabili Scarparielli (spaghetti alla chitarra con pomodoro), con la salciccia e provola ai ferri e l’ottimo babà accompagnato – siamo a Benevento - da un bicchiere di Strega.

Per trascorrere una notte d’incanto, fatevi indicare la Masseria Roseto ; un luogo di charme e di assoluta tranquillità, dove gli ambienti sono stati restaurati preservando e valorizzando l’antica struttura arricchita con gusto e con tutti i comfort moderni.

Se la Falanghina è il vino guida della Campania, godetevi un giorno di pieno relax al Savoy Beach Hotel nel cuore del parco nazionale del Cilento. Il romantico ristorante “Tre olivi” vi rimette in sintonia con la tradizionale cucina locale, mentre poco distante l’Azienda San Salvatore 1988 concluderà la vostra esperienza con un rinnovato calice di Falanghina a cui ha dedicato le sue affezioni Peppino Pagano. Un tassello di eccellenza che sta trasformando questo lembo di piana del Sele in un vero e proprio paradiso dell’ospitalità e dell’enogastronomia.

Altra tappa all’insegna della Falanghina fatela in Irpinia, dove sul crinale di una collina con panorama mozzafiato troverete, a Torre le Nocelle, l’azienda “I Capitani” con il loro agriturismo immerso tra vigneti e olivi simili a giardini. Qui i sapori di una cucina di tradizione abbinata ai vini di proprità vi faranno apprezzare ulna terra ricca di storia e cultura.

Ancora nell’Irpinia, a Sant’Angelo all’Esca, gli enoappassionati avranno l’opportunità di conoscere un terroir affascinante grazie ai winetour che l’azienda Tenuta Cavalier Pepe prevede per gli ospiti: la visita ai vigneti, alla cantina con la spiegazione dei processi di vinificazione e la visita alla alla bottaia con la dehgustazione dei vini tipici del territorio.

Mario Busso
Curatore Nazionale Vinibuoni d’Italia

Vinibuoni al nastro di partenza

Vinibuoni d’Italia, con la creazione di Enoteca Italia a Vinitaly 2017, conclude un anno denso di attività e con numeri in crescita relativamente ai partecipanti alle varie iniziative culturali e promozionali che si sono susseguite nei mesi successivi alla presentazione nazionale della guida alla stampa avvenuta a novembre 2016 a Merano Winefestival.

Aumentano i lettori della guida e soprattutto le aziende che chiedono di mandare i loro vini in degustazione. Oltre 25 mila quelli degustati dalle 27 commissioni regionali che si sono impegnate nel difficile lavoro di selezione! Un segnale importante che evidenzia la consolidata stima che Vinibuoni d’Italia gode da parte dei produttori.

Ma se Vinitaly 2017 è l’ultimo traguardo del lungo percorso, in realtà segna anche quest’anno il momento di avvio della nuova edizione della guida e conferma un impegno che continua a favore della cultura del vino, secondo le linee tracciate quindici anni fa con l’intento di pormuovere la tipicità, l’unicità e l’identita dei vini autoctoni italiani, che sono testimoni di storia, di cultura di tutti quei territori che compongono i mille variegati tasselli del Vigneto Italia; vini che mantengono tutta la loro attualità e identità di territorio. In questo senso la Guida Vinibuoni d’Italia, nel suo racconto di selezione, promuove il lavoro di tanti viticoltori e avvicina al mondo del vino gli appassionati e i semplici curiosi a cui fornisce una corretta e trasparente informazione.

É proprio questa idea di difesa del patrimonio viticolo italiano, che era in pericolo di scomparsa, che rende straordinariamente importante ed unica l’azione di Vinibuoni d’Italia. Un’azione che ha spinto e continua a stimolare i vignaioli ad un rinnovato impegno sui vitigni storici e rari come elementi di diversità utili per dare identità enologica e anche maggiore attrattiva enoturistica ai territori del vino.

Sempre di più le cantine sono aperte all’accoglienza, ma molto resta ancora da fare per consolidare una più forte cultura del vino del Belpaese sia in Italia che all’estero.

Pertanto la guida, con l’iniziativa Vinibuoni Charming Club intende avvicinare un pubblico di enoturisti sempre più vasto alla produzione del vino; pone un’attenzione ed un valore determinanti alla conoscenza dei luoghi dove il vino nasce e dove operano i viticoltori; offre il modo più autentico per scoprire i caratteri di tipicità e di unicità che stanno alla base dell’enologia italiana.

Nel frattempo con la creazione della App, Vinibuoni d’Italia offre ai produttori uno strumento indispensabile per la promozione del vino italiano non soloin Italia ma, con la versione in lingua inglese, soprattutto all’estero. In Italia si beve sempre meno ed è l’export a far quadrare i conti delle case vinicole. Nei primi otto mesi le vendite in Usa hanno superato i 604 milioni di euro, con un incremento del 17,7% confermando gli Stati Uniti come principale mercato. Ma gli occhi oggi sono puntati all’Asia che sta moltiplicando gli acquisti, con Hong Kong destinata a togliere a Londra e New York il primato delle compravendite delle bottiglie di pregio.

Con la Ap di Vinibuoni d’Italia, i produttori hanno nelle mani uno strumento determinante per promuovere i loro vini, consentendo agli operatori stranieri di testare le etichette migliori dei vini da vitigni autoctoni scelti da chi è garante, come la guida Vinibuoni d’Italia, di scelte libere e indipendenti.

Il Marzemino di Mozart nella valle green

La Vallagarina è un territorio favorito climaticamente dall’incontro delle Alpi con la pianura e con il Lago di Garda. Qui è nata la prima Strada del vino e dei sapori riconosciuta in Trentino, che incontra vigne dipinte dai colori di vitigni storici, come il Nosiola, il Müller Thurgau, ma soprattutto il Marzemino.

L’area da alcuni anni si sta segnalando grazie alle iniziative intraprese dall’Amministrazione comunale di Rovereto, cuore pulsante del territorio, in particolare quelle dedicate ai valori dell’ecosostenibilità in viticoltura a cui la guida Vinibuoni d’Italia presta molta attenzione.

In base alle coordinate geografiche, c’è chi sostiene che siamo nel cuore dell’Europa; un  “cuore” dinamico, ma anche a misura di persona, infatti questa è la terra che occupa stabilmente, ogni anno, i primissimi posti delle classifiche nazionali sulla qualità della vita.

Della bellezza di questo territorio se n’erano già accorti gli illustri viaggiatori che a partire dal Settecento iniziavano da qui il loro “grand tour” alla scoperta dell’Italia. Una porta d’ingresso frequentata e ammirata da grandi scrittori, intellettuali, artisti. Una forma di turismo “ante litteram” sorprendentemente legata al vino e alla cultura enologica. Basti pensare a Mozart, sommo cantore del Marzemino lagarino, vino immortalato nel secondo atto del Don Giovanni… “Che si versi l’eccellente Marzemino!”.

A Vienna infatti, in quegli anni, il vino più in voga era proprio il Marzemino della Val Lagarina, che riusciva a giungere in questa città nonostante i pesanti veti di Trento. Il Marzemino celebrato da Mozart proveniva in gran parte dal territorio del Comun Comunale, l’antica istituzione amministrativa che riuniva i comuni della sponda destra dell’Adige fra Aldeno e Isera.

Il centro principale di produzione era, allora come oggi, la giurisdizione di Isera, tanto che ad essa spettava fissare il prezzo di vendita di questo vino.

Recenti indagini, in particolare quelle condotte dal Professore Attilio Scienza, fanno ritenere che i semi originari dell’uva Marzemino provengano addirittura dalla città omerica di Merzifon, in Paflagonia, il paese di Diomede. Dalla leggenda alla storia, secoli e secoli di peregrinazioni nella “culla” mediterranea citano le uve Marzavi prima in antichi registri commerciali a Cipro, poi sulla costa dalmata e via via nei centri di scambi agricoli lungo la foce del Po e dell’Adige, fino a giungere ai piedi delle Dolomiti. Un viaggio avventuroso, legato anche ad altre leggende, come quella secondo la quale il nome Marzemino derivi dalla denominazione di un villaggio della Carniola, ora scomparso, situato tra la Carinzia e la Slovenia, chiamato appunto Marzmin.  Attilio Scienza con una troupe cinematografica ha recentemente prodotto un viaggio scientifico alla scoperta della storia del Marzemino.

Dal Caucaso, alla Grecia, passando dalla Turchia e attraverso alcune isole come Cipro, Rodi, Creta, dove è coltivato il Verzami, che condivide una parte del DNA con il Marzemino, Attilio Scienza ha ripercorso il viaggio del vitigno fino alle falde delle Dolomiti.

E veniamo al nostro protagonista. I volti del Marzemino sono molti, in Emilia e in Veneto il vino spesso è semplice, da bere entro l’anno; in Trentino lo coccolano e fa affinamento leggero in botte per arrotondarsi e vantare una buona personalità. Il colore è rosso rubino, con venature e riflessi variegati che dal granato sfiorano il blu profondo. Il bouquet è intrigante, con fragranze immediate di frutti di bosco a bacca piccola e timbri aromatici floreali, in cui spicca la viola mammola, ma anche frizzi speziati e accenni balsamici. Il sapore è secco, ma ben calibrato nella sua sferica morbidezza, nell’armonico velluto e nella suadente succosità che richiamano in modo circolare le fragranze avvertite all’olfatto. Un vino snello, con acidità e mineralità esaltanti che viaggiano verso una chiusura improntata a tannini molto delicati.  Il vino, in regione, può fregiarsi della DOC Trentino Marzemino e della DOC Garda, dove è prodotto anche in purezza.

Se volete fare un tour dedicato al Marzemino vi consiglio di partire da Rovereto e dedicare un weekend a questa piccola perla nascosta dell’enologia italiana. Dopo la visita in città, Avio, Mori e Isera sono tutti piccoli borghi che ospitano cantine che offrono una qualità media molto alta e anche scorci di una valle verde che si affaccia sulle prime Dolomiti.Il castello di Avio uno dei più noti, antichi e suggestivi monumenti fortificati del Trentino. Dalla sua posizione, sulle pendici del Monte Vignola, il castello domina la valle fin quasi a Verona. Imperdibile il colpo d’occhio sull’imponente mastio, la poderosa cinta muraria e le cinque torri.

Dal 1977 il castello è  un Bene del FAI, che vi ha realizzato un’attenta opera di restauro. Qui è stato impiantato un vigneto di varietà storiche aperto a visite guidate, soprattutto durante la manifestazione “Uva e Dintorni” che si volge la prima domenica di Settembre (www.uvaedintorni.com). Ad Avio vi aspetta lAzienda Agricola Biologica Vallarom. Oltre alla gamma dei vini classici trentini, concedetevi un bicchiere di Marzemino ottenuto da antiche viti a piede franco, ovvero prefilosseriche. Vi affascinerà il profumo intenso di violetta e canella; morbido e di elegante struttura al palato.

Nei pressi di Mori, il Santuario di Montalbano è il simbolo del paesaggio. Costruito a metà del 1500, si contraddistingue per il campanile a cuspide con un maestoso orologio dal diametro di ben 4 metri. Nelle vicinaze del paese sono di interesse culturale i luoghi di antichi ritrovamenti archeologici. Tra questi la Grotta del Colombo nei pressi della frazione di Sano e il lago di Loppio con l’isola di Sant Andrea, che permette all’interno del biotopo, passeggiate all’insegna della natura e di ricche testimonianze del passato. Un brindisi è d’obbligo alla splendida Cantina Mori Colli Zugna, dove le fresche bollicine del Trento Doc Morus apriranno le vostre degustazioni e, successivamente il Marzemino dell’azienda con il profumo dominato da sentori di frutti di bosco, accompagnati dall’aroma di viola mammola, vi invoglierà verso un bicchiere pieno ed elegante.