I Vini del Vulcano” al Congresso Nazionale Geologia e Turismo

Suolo vulcanico, vino e turismo: tre elementi che vivono in stretta sinergia l’uno con l’altro e che concorrono in maniera diretta alla valorizzazione economica e culturale del territorio. Per questo il Consorzio del Soave è stato invitato al VI Congresso nazionale di Geologia e turismo che si terrà a Milano il 28 e 29 settembre (Sala Congressi CNR dell’Area della Ricerca di Milano - via Corti 12), per tenere un intervento, in programma il venerdì alle 15.15, dedicato ai “Vini del Vulcano” durante il quale verranno illustrate le enormi potenzialità che le aree vulcaniche possono avere in chiave enologica e turistica, alla luce delle loro peculiarità geologiche.

Il Vulcano è un fenomeno che accomuna molte aree vitivinicole italiane e rappresenta una chiave di lettura originale da spendere sul fronte del turismo. Questa l’idea di fondo che aveva dato vita all’Associazione delle Doc Vulcaniche di cui era capofila il Consorzio del Soave, entrata nel pieno delle attività in occasione di Expo 2015, e che gli organizzatori del congresso hanno voluto inserire ora nel programma dei lavori.

Emozione, suggestioni evocative, ma anche accoglienza, sviluppo della ricettività turistica, coordinamento territoriale, condivisione di obiettivi in chiave promozionale: questi sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati nel corso della presentazione che vedrà la partecipazione di Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave, di Giuseppe De Cesare, studente MBA all’INSEEC di Bruxelles, e di Gianluigi Giannella, geologo.

Il Vulcano in questo senso, oltre a rappresentare una vera e propria “spina dorsale” che collega tutta l’Italia del vino, si rivela nel tempo una chiave di comunicazione chiara e vincente in grado di fare breccia tra i consumatori, sia esperti che neofiti, superando così barriere linguistiche e confini territoriali.

«Per l’enoturismo italiano – evidenzia Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave - c’è la possibilità di superare le barriere legate ai singoli territori e dare così un’immagine unica dal Nord, al Sud fino alle isole. Parliamo di vini che sono spesso poco conosciuti e di vitigni autoctoni, raccontando tante storie di persone e di aziende veramente nuove».

Volcanic Wines – l’associazione

Volcanic Wines nasce nel 2012 ed è una associazione, di cui è capofila il Consorzio del Soave, che raccoglie al suo interno le doc italiane di origine vulcanica, assieme ad enoteche e a comuni che sono accomunati dal “fattore vulcano”. Ne fanno parte Consorzio del Soave, Consorzio Tutela Bianco di Pitigliano, Consorzio Tutela Vini Lessini Durello, Consorzio per la Tutela dei Vini Orvieto, Consorzio Tutela Vini di Gambellara, Enoteca Provinciale della Tuscia, Consorzio Vini doc Colli Euganei, Cantina di Mogoro (Sardegna), Consorzio Tutela Vini dei Campi Flegrei, Comune di Milo, Consorzio di Tutela Vini del Vesuvio, Comune di Pantelleria, Consorzio Tutela Vini Etna doc, Consorzio di Tutela Vini d’Ischia

I numeri del Vulcano

I suoli costituiti o originati da vulcanoclasti ricoprono circa 124 milioni di ettari nel mondo. in termini di paragone, rappresentano 4 volte la superficie dell’Italia e 20.000 volte la superficie di vigneto iscritta alla DOC Soave.

Questa tipologia di suoli ricopre quindi circa l’1% della superficie della Terra, fornendo però sostentamento al 10% della popolazione mondiale: questo dato meglio di molte parole esprime in maniera chiara il concetto di “fertilità” spesso attribuito alla terra dei vulcani in tutto il mondo.

I suoli vulcanici sono distribuiti prevalentemente lungo i bordi delle placche tettoniche o in loro prossimità. Tra le principali zone vitivinicole mondiali costituite quasi interamente da questo tipo di suoli possiamo elencare Napa Valley (California), Casablanca Valley (Cile), Santorini (Grecia), Rias Baixas (Spagna), Isole Azzorre (Portogallo), Alture del Golan (Israele), Yarra Valley (Australia). In Italia i principali distretti produttivi di questo tipo si trovano nel Soave, nella zona del Vesuvio e dei Campi Flegrei in Campania, sull’Etna e a Pantelleria in Sicilia, oltre che nella zona del Frascati e del viterbese nel Lazio.

Per quanto concerne l’Italia, presa nel suo complesso, la superficie vitata su cui insistono le doc di origine vulcanica ammonta a 17.050 ettari, per una capacità produttiva di 1.262.923 ettolitri di vino, che in termini di bottiglie corrispondo a 150 milioni di bottiglie.

Pinot Grigio delle Venezie

Sarebbe un’eresia per Vinibuoni d’Italia sostenere che il Pinot Grigio è un vitigno italiano, ma c’è chi lo pensa non tanto avvalorando l’affermazione su basi storiche, ma sulla tradizione e sul consumo planetario di questo vino “italiano”. Infatti si tratta tuttora del vino bianco della Penisola più venduto al mondo.

Nato da una mutazione genetica del Pinot Nero, il Pinot Grigio si presume sia arrivato in Friuli verso la fine del 1800 e da qui si sia sparso in varie regioni della Penisola.

Complessivamente i vigneti della nuova Doc valgono un potenziale produttivo di oltre 24.000 ettari: 13.400 ettari in Veneto, 8.000 in Friuli Venezia Giulia e 3.000 nella provincia di Trento. Il Pinot Grigio è la quarta varietà di uva coltivata in Italia con una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144 per cento; il mercato internazionale è il principale punto di riferimento e si stima che la nuova denominazione porterà al consumo qualcosa come 230 milioni di bottiglie.

Sulla qualità non siamo indovini visto che si tratta di 180 quintali a ettaro che si possono portare a 200 nelle annate propizie. Si tratta pertanto di una nuova frontiera del vino italiano che va monitorata con attenzione da parte della guida. Ci limitiamo a sottolineare la positiva valutazione che ne danno le istituzioni politiche.

“Un lavoro straordinario atteso da tempo e raggiunto grazie alla sinergia fra istituzioni. Ora tocca ai produttori cogliere la grande opportunità”.  Questo il commento espresso a Vinitaly dalla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in occasione dell’evento di presentazione, nello stand del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, della nuova Doc Pinot Grigio delle Venezie che riunisce appunto in un Consorzio interregionale il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Provincia di Trento.

“Una bella pagina di lavoro e di collaborazione” l’ha definita l’assessore regionale alle Risorse Agricole del Friuli, Cristiano Shaurli, evidenziando che si tratta di “un risultato di cui siamo orgogliosi, il cui merito principale è dei vignaioli e della filiera vitivinicola che ha privilegiato la qualità rispetto alla quantità”.

“Questa avventura – ha sottolineato Ugo Rossi, presidente della Provincia autonoma di Trento – è un gioco di squadra che si basa su un prodotto già affermato che vogliamo consolidare per sviluppare nuovi mercati e potenzialità di business”.

“Oggi – ha commentato il presidente del Veneto, Luca Zaia – lanciamo una sfida identitaria, nella quale ognuno dei protagonisti ha saputo rinunciare a un po’ della sua identità per far nascere un Consorzio al quale le istituzioni consegnano una Ferrari chiavi in mano e con il pieno di benzina, ora bisogna saperla guidare”.